Mentre la politica litiga… l’acrese (giustamente) va via

di THIS IS ACRI

Rassegnazione. È questo il sentimento che sta provando da qualche tempo chi vi scrive e, molto probabilmente la maggior parte dei cittadini acresi. Un sentimento che subentra ancor prima di affrontare un problema, ancor prima di cimentarsi in una sfida. Un sentimento che amplifica le difficoltà. Purtroppo.

Acri, sempre secondo chi vi scrive, è avvolta dalla rassegnazione. Le piazze e le strade sono vuote? Le attività commerciali fanno difficoltà ad arrivare a fine mese o, nella peggiore delle ipotesi chiudono? I giovani decidono di lasciare questa terra per cercare “fortuna” altrove?

Tre domande alle quali la maggior parte di noi risponde nei modi più scontati possibili, ma alle quali nessuno finora è stato in grado di trovare una soluzione concreta. Tralasciando le varie decine di problematiche di cui soffre questa città, concentriamoci ora su quella più recente: la mancanza di uno dei beni di prima necessità: l’acqua.

Inizialmente il problema si è presentato con il divieto a utilizzare il prezioso bene per scopi alimentari. “L’acqua è inquinata”, un problema, comunque momentaneo (si spera) che ha però costretto parte della città a ricorrere all’acqua minerale, non solo da bere ma anche per cucinare. Vabbè, ci può anche stare.

Da qualche giorno, però, a mettersi di mezzo ci ha pensato anche “Ominiello” che, a causa di un problema all’impianto di sollevamento ha deciso di “spegnersi”, lasciando a secco i rubinetti di mezza Acri. Una rottura, una complessa rottura, diventata però una spiacevole abitudine che periodicamente si ripresenta, per la “gioia” di tutti.

Cosa è stato fatto per risolvere il problema? Poco, o nulla. Ma per rispondere a questa domanda la politica si rifugia nel dissesto affrontato. Vabbè, così è facile.

Nel frattempo però, i cittadini di quella che una volta era una ridente città, devono fare i conti con disagi al limite del grottesco. Nel 2022, ad Acri, paese di montagna si fa fatica a fare una doccia. Fa già ridere così.

Il sindaco sostiene che «per realizzare un sistema di approvvigionamento idrico meno contorto e soprattutto meno esposto a rischi necessita un vagone di quattrini, ovvero due milioni di euro; pertanto è facilmente comprensibile che si tratta di un costo impossibile da affrontare da parte di un Comune con le casse prosciugate, e che per risanarle sono stati spesi ben cinque anni di lavoro», tutto vero e tutto comprensibile, non fa una piega, “senza sord un sinni cantan missi”, ma chiedo (e mi chiedo): In attesa dei “quattrini” che soluzioni sono state trovate? È comunque normale lasciare una città e i suoi cittadini senza acqua?

A questo punto perché non si chiede lo stato di emergenza e l’intervento dell’esercito?

Nelle scorse ore lo stesso primo cittadino ha ringraziato «Sua Eccellenza il Prefetto, il Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco, la Protezione Civile regionale e il personale Enel per l’assistenza prestata», questa assistenza è stata richiesta solo ieri?

Dopo questo lungo e noioso preambolo andiamo al dunque. Nonostante l’emergenza idrica, in questi giorni la politica acrese ha avuto il coraggio (barbaro) di litigare. Maggioranza contro opposizione, opposizione contro maggioranza. Al centro del meraviglioso dibattito la visita del sindaco alla festa del vino di Bardolino.

Adesso, con tutto il rispetto per la splendida sagra organizzata dalla cittadina situata sulle sponde veronesi del Lago di Garda, mi dite se è normale che durante un’emergenza del genere il principale punto di scontro politico possa essere incentrato sul sindaco che si fa un bicchiere di vino?

Sembra quasi di sognare. Se come sostiene il primo cittadino la visita istituzionale è stata organizzata per ricambiare la cortesia del sindaco del Comune veronese, credo non ci sia nulla di strano, anche perché in assenza del sindaco esiste un suo vice. Strano e forse anche un po’ fuori luogo è stata invece la prima esternazione di Capalbo: «Grazie a tutti gli acresi che hanno investito in questa bellissima città (Bardolino ndr)».

Con tutta la stima e l’affetto che nutro verso chi con sacrifici, coraggio e tanta fatica è riuscito a crearsi un futuro lontano da Acri, ma come è possibile che un sindaco ringrazia chi ha investito lontano dal comune che amministra? A me sembra qualcosa totalmente fuori dal mondo.

Avrebbe, invece, dovuto certamente complimentarsi, perché non è sicuramente stato facile per nessuno creare un qualcosa lontano dalla propria terra e dai propri affetti, e allo stesso momento avrebbe dovuto chiedere scusa a nome di tutta la politica acrese, che non ha fatto nulla per impedire lo spopolamento di un territorio e la migrazione verso altri comuni (Bardolino ne è l’esempio). Una politica miope incapace di creare alternative.

Discorso opposizione. Credo che in qualsiasi Consiglio comunale, l’elemento fondamentale sia rappresentato proprio dalla minoranza. Tali consiglieri, infatti, per come immagino io un Consiglio, dovrebbero vigilare costantemente e soprattutto quotidianamente sull’operato della Maggioranza. Farlo con rispetto verso la comunità che rappresentano, non solo per “guerre” e antipatie personali. In questi giorni alcuni consiglieri di Minoranza (una minoranza addirittura spaccata) hanno “attaccato” il sindaco e in particolare un Consigliere (Gencarelli) ma non hanno fatto alcuna proposta (non vorrei mi fosse sfuggita) in merito alla risoluzione del problema legato alla mancanza di acqua. Si è invece parlato solo e soltanto di questa benedetta festa del vino.

Ho l’onesta intellettuale di saper scindere la persona dal politico, quindi ho rispetto e stima per ognuno dei singoli soggetti, ma chiedo però ai Consiglieri di attivarsi e di proporre soluzioni concrete per risolvere definitivamente il problema acqua.  

Dopodiché, magari, ogni Consigliere (maggioranza e opposizione) dovrebbe presidiare le vie e le piazza di Acri, ascoltare ogni singolo cittadino, ogni singolo commerciante. Recepire le criticità e risolvere i problemi. È inutile farsi vedere in giro solo in occasione delle tornate elettorali. Di questo ci siamo stufati un po’ tutti, in modo particolare chi ha investito e continua a investire in questo territorio.

Andrebbe (forse) ricreato quello spirito di comunità che purtroppo ad Acri si è perso, la politica, in merito, ha avuto in negativo tante responsabilità.

Il tessuto sociale di Acri si è “incattivito” e prendendo esempio dalle sterili beghe politiche nel corso dell’ultimo decennio, si sono create solo e soltanto rivalità. Vi rendete conto che giorno dopo giorno ci stiamo svuotando? Non solo demograficamente ma anche culturalmente?

C’è anche da fare mea culpa. La stampa locale, infatti, non è indenne da critiche e responsabilità. Forse sotto questo aspetto ci si è cullati, restando in molte occasioni con una mentalità un pò troppo provinciale.

Sarebbe bello che da domani ognuno di noi iniziasse a dare un serio contributo a questa comunità, ma capisco bene che purtroppo è solo un sogno utopico.

Allo stesso tempo, però, vedo un paese sciogliersi su ste stesso. E mentre la politica pensa solo a litigare, molti acresi (giustamente) preferiscono andare altrove. Chi resta, invece, dovrà continuare a lottare, per farsi la doccia ma anche per portare a casa qualche “quattrino” e poter bere un bicchiere di vino.

Ah, visto che per il vino siamo famosi anche noi: qualcuno ha pensato a una festa del vino acritana? Così facendo avremo l’occasione anche noi di ospitare il sindaco di Bardolino e ricambiare il favore. Prosit!