Riso Amaro

di Franco Bifano 

Ho avuto i primi approcci con il blog di Beppe Grillo quando era opinione comune che Grillo facesse ridere più in veste di politico che come comico. Quando ancora, per intenderci, il termine “cinque stelle” più che legato ad un movimento politico era sinonimo di Hotel di lusso.

Non c’è dubbio che per molto tempo questo Movimento popolare, nel senso che  partiva “dal basso”, è stato considerato dalla politica e da certa stampa come manifestazione folcloristica, insomma alla stregua di una sagra paesana del paese di Capracotta.

Eppure le idee che quel blog veicolava in rete piano piano facevano presa, così si sono aperte delle crepe nel muro di supponenza e arroganza posto come argine   da tutti i partiti.  Una breccia che si è aperta lentamente ma inesorabilmente, quindi in molti hanno incominciato a seguire le idee messe in campo dal comico genovese.

La presunzione di superiorità era tale che nel 2009 l’Onorevole Fassino, ex segretario del PD, noto per la sua “lungimiranza”, ebbe addirittura parole di sfida   verso il  Beppe nazionale. Parole che poi si rivelarono profetiche: “Se vuole fare politica con la creazione di un partito lo faccia, vediamo quanto voti prende”. Non lo avesse mai detto!

Nell’ottobre di quello stesso anno, Grillo fondò ufficialmente il M5S. Poco meno di 10 anni dopo, nelle elezioni politiche del 2018 ebbe un clamoroso successo ottenendo il 32% dei consensi. Il M5S diventa il primo gruppo politico italiano. Il resto è storia, più o meno, nota.

Non rimane, dunque, che esplorare i fatti più recenti. Oggi è difficile comprendere come mai Di Maio e Grillo abbiano deciso di cambiare la linea, rispetto a quella sbandierata prima del mandato a Draghi. Conte o elezioni subito!

È chiaro a tutti che nessuno, in primis il Presidente della Repubblica, avrebbe portato il paese alle urne considerati i rischi che tale decisione avrebbe comportato. Così come è chiaro a tutti che il cazzaro fiorentino è stato solo il grimaldello per scardinare il Governo Conte. Per poi accogliere con tutti gli onori del caso il “salvatore” Draghi, invocato da mesi all’unisono dai tutti i “giornaloni” e non solo. Le holding imprenditoriali non aspettavano altro!

 Ora, se per Gigino i motivi di questo cambiamento di rotta si possono anche comprendere (attaccamento alla poltrona, malcelato disagio per la popolarità di Conte) per il fondatore del Movimento la strada intrapresa appare meno chiara.

Ad esempio, perché Grillo è rimasto folgorato sulla strada di Mario Draghi, al punto di affermare di essersi trovato di fronte un grillino, anche più autentico di tanti altri? Davvero ottenere la nascita di un “nuovo” super Ministero, sia pure legato al tema ambientale così caro ai pentastellati, lo ha convinto?

Il voto sulla piattaforma Rousseau, dopo l’inversione a U del Capo fondatore e della figura più autorevole del movimento Di Maio, è sembrato più che altro una formalità. La vittoria del Sì è apparsa “scontata”.

Eppure, considerati anche i risultati ottenuti nella formazione del nuovo Governo, non sarebbe stato politicamente più corretto adottare una più efficace strategia?

Magari, capitalizzare il successo politico di Conte nominandolo leader del Movimento e, successivamente, scegliere l’astensione rispetto al voto di fiducia al Governo Draghi. È vero, la mancata partecipazione “all’ammucchiata” governativa avrebbe voluto dire rinunciare a quattro ministeri, tre dei quali ottenuti con la riconferma dei rispettivi titolari.

Viceversa però, la linea della coerenza avrebbe forse contribuito a ricompattare un Movimento in via di disgregamento e in evidente affanno, basti guardare oltre ai rumors interni anche i sondaggi.

Sarebbe stato forse opportuno restare sulla riva del fiume, in attesa che tutte le contraddizioni più che evidenti nella nuova maggioranza esplodessero, per poi presentarsi alle prossime elezioni con un Movimento più unito e solido e con un leader come Giuseppe Conte, ovvero credibile, popolare e inclusivo.

Sarebbe stato oltremodo interessante vedere quanti voti sarebbero andati a chi ha “riesumato” gente del calibro di Brunetta, Gelmini e compagnia bella.

Quello che invece oggi appare fuori dubbio è che la strada intrapresa stia minando il Movimento dall’interno. Le espulsioni dei Senatori che non hanno votato la fiducia a Draghi potrebbero essere la miccia per una possibile implosione del gruppo, paradossalmente nato per far da denotatore della politica italiana. Spero di sbagliare!

Caro Beppe, forse avevano ragione a dire che come politico avresti fatto ridere, certamente però, è un riso che sa di amaro.