La vera storia di Pinocchio
di Franco Bifano
C’era una volta Pinocchio, non era un burattino fatto tutto di legno, ma di legno aveva solo la testa! Nato a Rignano, ridente cittadina toscana, era un burattino ambizioso che amava studiare le lingue in particolare l’inglese. “Scisci, becaus e crai” andava vaneggiando nelle più importanti conferenze.
“Ma quanto è bravo!” esclamavano estasiati gli altri partecipati. “Complimenti anche per l’eleganza” – dicevano – “sembra un Conte!”
“Duca!” rispondeva indignato il burattino “Preferisco Duca, Conte non lo sopporto!”
Un bel giorno il burattino, voglioso di conquistare fama e popolarità mondiale chiese ad Elena la fatina dei boschi, figlia prediletta di Etruria dea della ricchezza, di portargli lo specchio magico comprato in Cina.
La fatina ubbidì. Pinocchio si specchiò e disse: “specchio delle mie brame non sono forse io il più intelligente del reame?”
“Yes, You Can”! Rispose lo specchio, mostrando l’immagine di Obama.
Il burattino elettrizzato dalla risposta non si accorse nemmeno del colore diverso della pelle e partì subito alla conquista del regno del terribile Sceicco Sim Sala Bin.
Pensò di cominciare la sua conquista con l’esportare in quei luoghi la democrazia attraverso il suo elegante inglese. “Crai, Becaus, Scisci”, esordì davanti al nobile arabo.
Lo sceicco lo guardò e sguainata la scimitarra disse: “Arrass chi robba”! che tradotto vuol dire “paghiamolo e mandatelo a fanculo!”
Pinocchio felice come una pasqua e incoraggiato dal successo ottenuto, si recò allora dal Mago di Oz pregandolo di trasformarlo, attraverso una fattura, da burattino a Conte. Sognava, una volta diventato “nobile”, di poter prendere in mano l’intero regno. Il mago preoccupato gli praticò un urgente incantesimo (TSO) e con un tocco di bacchetta magica in un attimo lo spedì nel teatrino di Mangiafuoco.
Pinocchio, comunque, non si perse d’animo, chiamò gli altri 39 burattini e disse loro che era giunto il momento di rompere gli indugi e salire sul Colle. Heidi, che era nel teatro gli urlò: “perché non venite da me su in montagna, l’erba è fresca a e le caprette fanno ciao!” Accipicchia, che bello! Esclamò la principessa Bellanova, finalmente si torna a casa!
Intanto tutto il regno era in subbuglio. I trombettieri annunciarono l’arrivo dei draghi. Mangiafuoco chiese ai suoi amici, gatto Matteo e volpe Giorgia, quanti fossero questi draghi.
“Solo uno!” risposero. “Allora perché non dite Drago al singolare?”.
“ Perché è pluralis maiestatis!” Incalzarono loro. Azz! Cominciamo proprio bene, pensò Mangiafuoco.
Con l’arrivo di Draghi il regno cambiò pelle e, finalmente, si liberò dalla maledizione che teneva le famiglie segregate in casa da un anno. Persino l’ormai anziano “Mastru” Sivio, papà di Pinocchio, fece ritorno dal suo esilio estero, ma non volle mai riconoscere suo figlio considerandolo un ingrato.
Pinocchio, in poco tempo fu abbandonato da tutti gli altri burattini e bandito per sempre dal regno.
C’è però chi giura che, in alcune nelle notti di luna piena, vagando per i boschi, di sentire ancora il suo angosciate lamento “Scisci, becaus, crai… Scisci, becaus e crai”.