Il terzo pelo

DI FRANCO BIFANO


Non so voi, ma io in questa società sempre più complessa non riesco proprio più a raccapezzarmi. Siamo sommersi da così tante discordanze che ormai ci scivolano addosso senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
L’altro ieri, ad esempio, si è votato in Lombardia e nel Lazio (mica, per dire, a Frascati e a Capracotta). La prima è la Regione più ricca, la seconda è quella nella quale si trova la città Capitale d’Italia. Eppure, è andato a votare solo il 40% dei cittadini.
Ora, a prescindere da chi ha vinto le elezioni, questo vuol dire che per i prossimi cinque anni il futuro di queste due Regioni verrà deciso da amministratori che rappresentano una minoranza. E’ paradossale, considerato che la maggioranza non avrà quindi una rappresentanza. Tuttavia, nessuno sembra meravigliarsi. Anzi, complice una parte prona dell’informazione, questa cosa viene spacciata tranquillamente per democrazia. Ne consegue che chi vince, festeggia alla grande.
Si dirà che la colpa è di chi non è andato a votare. Può anche essere. Mettiamo però che l’offerta politica messa in capo fosse di scarsa qualità. Cosa avrebbe dovuto fare un cittadino per far capire che non voleva essere amministrato da certa gente? Magari non andare a votare è una delle opzioni, o no? La scarsa partecipazione al voto è un segnale di disagio, e/o comunque di disaffezione alla politica. Segnale che, a mio avviso, non andrebbe ulteriormente sottovalutato perché potrebbe ripercuotersi negativamente sulla tenuta democratica del Paese.
Una democrazia “traballante”, infatti, rischia di risvegliare pericolosi appetiti.
Eppure, la scarsissima affluenza alle urne non è sembrato preoccupare più di tanto il diversamente astuto Letta il quale, pur avendo il suo partito perso non solo in Lombardia ma anche nel Lazio (Regione quest’ultima nella quale governava) si è affrettato a dire che il PD non solo non è stato “assorbito” dai Cinque Stelle, ma è (addirittura!) il primo partito dell’opposizione. Caspita! Sono soddisfazioni, per un uomo che ha la stessa arguzia politica di una mosca cocchiera.
Il funambolico Calenda, che con Renzi ricordano tanto Franco e Ciccio dei tempi migliori, dall’alto del suo scarso 5% ha invece sostenuto nientemeno che la colpa è degli elettori. C’è da credergli, visto che si considera il rappresentante del terzo polo o, forse, sarebbe meglio dire del terzo pelo, considerato i numeri esigui di consenso.