Acri ed il suo ieri ancora oggi


DI ANGELO SPOSATO

La città di Acri possiede molte identità ed è solo una decadenza culturale e sociale che non le fa emergere dal nascondimento inflitto dalla vacuità in cui versa il vivere di comunità e la ferrosa assenza di visione. Le identità di un luogo, a mio parere, non sono soltanto radici attraverso cui suggere nutrimento per rami che si stagliano nel futuro. Sono anche, e soprattutto, forme e sostanze del presente che si sono palesate proprio col tempo e con la storia. Probabilmente, Acri non è più madre ma figlia, per fare un esempio di un assetto come una famiglia che prenda altre strade col suo ampliamento. E come tutti i figli, la città vive un suo tempo diverso da ciò da cui proviene. Si parla di molte vocazioni di Acri, quindi identità e spirito, tra queste alcune legate alle tradizioni e nello specifico a connotati gastronomici. Il sugo di capra è uno, ma chi alleva capre? I prodotti da farina, ma in Sila greca quali sono i cosiddetti “maisi” a cui, un tempo, molti anziani di oggi andavano a prestare manodopera? La vocazione agricola in generale quale attenzione continua ad avere all’ambiente, se dagli anni ottanta in poi anche l’autoproduzione ha subito una distorsione per così dire farmaceutica? La vocazione turistica in cosa si materializza se, ad esempio, il centro storico è una periferia e non più luogo centrale, oggetto peraltro di molte mutazioni? Queste qui non sono più identità dell’oggi proprio perché l’oggi ne certifica il decadimento e non riesce a realizzarne una rimodulazione, altresì provocano il nascondimento di una contemporaneità di Acri che non si riduce a ciò che la globalizzazione riesce ad immettere attraverso la massificazione, peraltro tale immissione contribuisce ad intendere il vecchio attraverso rielaborati cliché da guida turistica, quando non va troppo male.

E’ mia opinione che Acri debba elaborare dapprima sé stessa attraverso il suo presente vuoto di qualsiasi aspirazione, di qualsiasi riflessione tecnica sui bisogni di chi resta e di chi parte. Acri necessita di un’umanità svincolata da vizi di famiglia proponenti identità negative, necessita di intellettuali ed artisti che lo siano davvero e non ridotti a piante ornamentali agli ingressi di mentalità padronali ancora presenti. Acri è una città di montagna e le montagne non sono limiti, ma offrono visuali migliori dell’orizzonte. E queste cose ci sono, bisogna soltanto dare una spallata a ciò che tende a nasconderle, tra cui la mediocrità di un oggi proveniente dal servile e sciocco non intendere il bene comune nella sua accezione di base che vuol dire relazioni per fare comunità. Acri non sembra avere presente perché il passato si è espanso senza mai trovare barricate.