Intanto la gente muore
Di Franco Bifano
Lo sapevamo, eravamo tutti pienamente consapevoli della “fragilità” del sistema sanitario della nostra regione. Eppure, dopo un anno, non è stato fatto nulla per arrivare preparati a contenere questa nuova e prevista ondata del virus. Anzi no, qualcosa è stata fatta: è stato “annacato u’ piecuro”, per dirla alla Spirlì.
Questo fenomeno facente funzioni, che abbiamo al comando della Regione, nonostante gli ospedali come l’Annunziata di Cosenza fossero in gravissima sofferenza, non ha esitato in questi giorni a partire per Roma non per chiedere sostegno ma solo per ottenere il cambio di colore della Regione, da rosso ad arancione.
Quanta arguzia dietro quella fronte anche troppo larga!
Cambiamo colore ma, intanto, la gente muore chiusa all’interno di un’ambulanza in fila per ore davanti al pronto soccorso! Ai malati viene negato quindi il diritto di essere adeguatamente curati. Così, lentamente la loro vita si spegne sulla barella di un mezzo di soccorso fermo. Tutto avviene nella più cupa delle solitudini e a pochi metri dalla possibile salvezza. Spaventoso!
Davanti a questa desolazione c’è da chiedersi quale è il limite della nostra sopportazione. Ovvero, quando l’asticella della nostra tolleranza può essere ancora alzata senza suscitare una reazione? All’infinito?
“Sento parlare di nomine, di Commissari, di grandi scienziati e super eroi” (Nani e ballerine, aggiungo io) ha scritto il Sindaco di Soverato, raccontando la drammatica vicenda di un suo cittadino abbandonato a se stesso senza cure mediche, soccorso solo dopo un suo personale intervento. Triste testimonianza che aggiunge un ulteriore tassello all’orribile mosaico che delinea lo stato di salute della sanità calabrese. Nomine e Commissari, altri soldi inutilmente spesi per tenere in piedi traballanti equilibri politici al solo scopo di conservare il potere.
Intanto, il “sistema” politico-massondranghetista continua a fagocitare risorse privandoci sempre di più della dignità, delle necessarie cure e relegandoci ultimi tra gli ultimi.
Un anno fa eravamo comprensibilmente spaventati, più che arrabbiati. Di conseguenza ci siamo naturalmente adeguati alla necessità. Adesso però rischiamo che la frustrazione prenda il posto della paura e la rassegnazione subentri alla rabbia che viene riversata, senza però apprezzabili risultati, quotidianamente sui social.
Abbiamo le energie e le capacità per creare un movimento di opinione per provare a fare “massa critica”, in prospettiva anche elettorale? Ritengo di sì.
Vogliamo provare a scuotere il sistema dall’interno e cambiare davvero? I presupposti per farlo, mai come in questa occasione, ci sono tutti. Forse non avremmo mai più un’opportunità come questa. Dipende, quindi, dalla volontà e dalla consapevolezza di ognuno di noi, nessuno escluso!
In alternativa, possiamo sempre augurarci che i cambiamenti ci piovano dal cielo. Nell’attesa si può continuare tranquillamente ad “annacare u piecuru”, e intanto però la gente muore.