Acri-Frasi offensive durante un comizio, rigettato ricorso di Gino Trematerra

Rigettato l’appello presentato da Gino Trematerra nei confronti della sentenza con cui venivano riconosciute le ragioni di Pietro Pettinato e Angelo Ferraro, ritenutisi offesi da alcuni passaggi di un comizio che l’uomo politico tenne l’11 maggio 2013.
In quell’occasione, il Giudice di prime cure ha ritenuto l’offensività delle frasi di Trematerra “sciacalli e persone in malafede che non hanno dato nulla a questo paese e non potranno mai dare nulla”.
Come si ricorda nella sentenza 720/2018, del 13-04-2018, “la frase in esame è la risposta del Trematerra al Pettinato ed al Ferraro che avevano promosso nei suoi confronti un ricorso volto a farlo decadere dalla carica di Europarlamentare”. Infatti, “i termini utilizzati dall’odierno appellante suonano più come giudizi rivolti alla persona ed alle sue attitudini e qualità personali, che a soggetti individuati nella loro veste di personaggi politici”.
In primo grado Gino Trematerra era stato condannato al risarcimento di 10mila euro ciascuno, più le spese. La richiesta iniziale era di 26 mila euro cadauno.
In quella occasione il giudice ha ritenuto che “le espressioni usate dal Trematerra abbiano certamente un contenuto diffamatorio e gravemente lesivo dell’onore e della reputazione degli istanti, che vengono apostrofati come degli sciacalli e definiti persone in malafede che nulla hanno dato al paese, e nulla potranno dare, non potendo neppure trovare applicazione, ad avviso di questo Giudice, nel caso di specie, l’esimente del diritto di critica, atteso che ciò che fa venir meno l’illiceità della condotta diffamatoria non è il diritto di critica in quanto tale, bensì quella critica che sia serena e rispetti il diritto altrui all’integrità morale costituzionalmente garantito”.
Infatti, “ deve ritenersi che il tenore delle espressioni usate dal convenuto, travalichi i limiti dell’esimente invocata dal convenuto, che presuppone comunque che il contenuto di quanto dichiarato non vada oltre il limite della continenza, sia sotto l’aspetto della correttezza formale dell’esposizione, del tutto assente nel caso in esame, trattandosi di epiteti evidentemente offensivi, sia sotto quello sostanziale della non eccedenza dei limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse, neppure sussistente, potendo costituire fatto di interesse pubblico eventualmente solo la proposizione del ricorso e non anche la personale opinione del convenuto nei confronti del sottoscrittori dello stesso, espressa, peraltro, in termini gratuitamente offensivi”.
Pettinato e Ferraro in questa vicenda processuale sono difesi dall’avv. Ottone Martelli.

Da “Il Quotidiano del Sud” del 14-04-2018 Piero Cirino