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Anni sbagliati

di Franco Bifano

E cosi, un altro anno complicato tra poco ci lascia. Si è portato via mia madre, una ferita profonda che non si rimarginerà. Insieme a lei ha portato via anche tanti amici: Aurora, Antonella, Paolo, Peppe, Francesco, Eugenio, Ninnillo tutti resteranno cicatrici indelebili.
Come se non fosse abbastanza, persino l’ultimo giorno di questo anno sbagliato ci ha riservato un altro dolore inteso, freddo, penetrante. La perdita inaspettata quanto sconvolgente di un ragazzo. Un prezioso, delicato petalo di un fiore tra i più belli della questa nostra comunità, ormai sempre più senile, ci è scivolato via dalle mani quasi senza accorgercene. Questo mi fa sentire anche un po’ in colpa.


Questi anni difficili ci hanno cambiati. Da tempo viviamo un’inquietudine che disorienta. Se il presente preoccupa, il futuro spaventa. Forse anche per questo che guardiamo, sempre più spesso i giovani con occhi diffidenti, quasi fossero intrusi da tenere sotto controllo. Probabilmente abbiamo perso di lucidità e non riusciamo a vederli più come in realtà sono: una irrinunciabile risorsa per un domani migliore.


A volte ho la sensazione che sul radar del nostro affetto si siano perse persino le loro tracce. Un vero dramma, perché in questa fase caotica, sarebbe invece opportuno intercettare ogni loro richiesta di aiuto, anche silente.
Il Covid ha stravolto la vita di tutti. Tuttavia, a pagarne un prezzo pesantissimo sono proprio loro, i giovani. Dovremmo tenerne conto, invece spesso diamo la sensazione di non perdonargliene nessuna. Siamo pronti a bacchettarli, a puntare il dito come se avessero perso il diritto di commettere errori.
In questa realtà complessa nella quale i punti di riferimento sono quasi spariti, bisognerebbe prendere più cura delle loro fragilità, assecondare le loro aspirazioni, coltivare insieme le loro aspettative.


Sono i loro silenzi, le loro “assenze” che andrebbero monitorate, tenute sono
sotto controllo e farci riflettere, non certo la loro voglia di vivere, di ritrovare la normalità perduta che di tanto in tanto li spinge a “violare le regole”.
Siamo stati tutti giovani, abbiamo tutti commesso errori. Dunque, toccherebbe a chi è senza peccato scagliare la prima pietra. O no?

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