La sanità calabrese è allo sbando.

di Acri Sogna

La sanità calabrese è allo sbando.

Sorvolando sulla scarsa originalità dell’affermazione, vogliamo fare qualche considerazione sulle responsabilità di questo disastro e sulle sue non poche ricadute negative sui cittadini, sulla loro incolumità, sulla tutela della salute in genere, sulla sicurezza e, non ultimo, sui costi di gestione della res pubblica. L’epidemia da coronavirus tra i tanti effetti collaterali ha anche quello di consentirci alcune valutazioni sulle politiche in materia di sanità regionali e nazionali.

La Calabria, da oltre un decennio, è impegnata in un difficile piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria, prodotto da un uso sconsiderato delle risorse sottaciuto dalle diverse giunte regionali succedutesi nel tempo, tutte inidonee a garantire i livelli minimi essenziali di assistenza.

Nel 2009, è stato approvato un piano di rientro, che doveva durare tre anni, il primo Commissario ad acta nominato nel 2010, fu l’allora Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, al quale poi, sono succeduti nel 2014 il Gen. Luciano Pezzi, nel 2015 l’ing. Massimo Scura  e nel 2018 l’ormai esautorato Gen. Saverio Cotticelli, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti; in oltre un decennio, costoro,  non sono stati capaci di governare un sistema, “disordinatamente organizzato” in cui la c.d. “triade terribile” “politica”, “mafia” e “massoneria” hanno fatto precipitare la nostra sanità in una sorta di “spazio opaco”, tra il legale e l’illegale, rendendola tra le peggiori d’Italia.

Un sistema sanitario che fa acqua da tutte le parti, grazie alla precisa volontà politica di smantellare la sanità pubblica a favore di quella privata, probabilmente più idonea a garantire pacchetti di voti e magari anche assunzioni di amici degli amici. E cosi, ci ritroviamo, con ospedali di dubbia valenza ed efficienza, non solo inutili ma addirittura pericolosi. Ospedali come cantieri, personale precario e insufficiente, reparti che cadono a pezzi.

Ma il coronavirus ora fa paura.

E fa ancora più paura in Calabria, la regione meno colpita dall’epidemia ma in perenne emergenza sanitaria, virus o non virus. La cosa assolutamente paradossale è rappresentata dal fatto che malgrado il programma “lacrime e sangue” iniziato più di un decennio fa il bilancio regionale continua clamorosamente ad assorbire i due terzi delle risorse. E, come se non bastasse, abbiamo dovuto subire l’onta mortificante, ancora una volta, di commissari e funzionari che non solo non hanno reso la sanità meno costosa ma che addirittura non sapevano neanche quale fosse il loro compito organizzativo rispetto alla pandemia.

Oggi, dopo le ovvie dimissioni di Cotticelli apprendiamo, non senza rabbrividire, che si torna al recente passato, un passato che conosciamo già e che non lascia spazio a grandi Speranze.