QUEL CHE RESTA DEI NONNI

Di Adelinda Zanfini

Alla mia età è normale non avere i nonni, alla mia età non sarebbe normale non sentire nostalgia della loro presenza o non avvertire i morsi della loro assenza. Da bambina ho avuto la fortuna di conoscere quasi tutti i bisnonni. Ho avuto il privilegio di essere viziata dai nonni, in ogni forma e misura all’epoca consentita. Ho perso il nonno materno il giorno in cui ho imparato a camminare. L’altro nonno è stato mio complice fino al compimento dei miei studi universitari, a lui in sua tragica assenza dedicai la mia tesi di laurea. Mi ha insegnato ad essere paziente , attendendo e rispettando i cicli della natura quando andavo con lui in campagna. Mi ha trasmesso la fede comunista, unica fede da lui praticata, e ho imparato a essere comunista e generosa fino alla radice, mi ha spronato ad essere autentica e coerente. Povero nonno, che fine hanno fatto i suoi ideali politici!
Le nonne si compensavano a vicenda. La nonna albanese di cui porto il nome era emozioni e cordialità allo stato puro, una affabile chiacchierona che non nascondeva a nessuno di avere un debole per me. Le sue guance color rubino sono le stesse che io nascondo con il trucco, amava i capperi e io sono l’unica in famiglia a custodirne la ricetta; adorava ricamare con matassine di tutti i colori e io, essendo incapace nel ricamo, amo fare torte colorate e indossare variopinte collane. Una sua foto degli ultimi anni, però, è per me il giudizio di un tribunale senza appello, rappresenta la solitudine e io vigliaccamente l’ ho nascosta alla vista ma nulla posso sottrarre alla coscienza.
La nonna materna è stata per me una “sentinella della sera”, ha vegliato con discrezione sui miei anni ribelli. Non una parola fuori luogo, non un giudizio, non un pettegolezzo. La mitezza, la temperanza, l’equilibrio in persona. Nel giro di pochi anni si è cancellata come una lavagna, se ne è andata in punta di piedi, si è spenta dopo aver retto da sola il peso di una famiglia numerosa, è andata via consumando lunghe e interminabili giornate di sofferenza in silenzio.
In loro assenza ho cercato un nonno e lo ho trovato e adottato. Lui combatteva la solitudine di una metropoli e io gli portavo in barattolo il profumo della sua amata Calabria. Un giorno, al mio ennesimo invito di tornare nella sua terra mi disse: ” è già difficile così! Se tornassi non sarei più in grado di vivere in città.” In momenti difficili della mia vita è stato l’ancora di salvezza che miei nonni mi hanno inviato, è stata la mia guida e la mia forza. Ad ogni scossone del destino anche da lassù mi sussurra: a’reggi!