Acri-Intervista a Fabio Curto

Con una “faccia un po’ così” e una voce straordinariamente profonda, grazie al talent “The voice of Italy”, ha conquistato le simpatie di un’intera nazione.
Fabio Curto ad Acri per molti è stata una conferma, per pochi una scoperta. Ha abbandonato la sua città per frequentare l’Università, a Bologna. Si è laureato, ha messo in tasca “il pezzo di carta” e ha vissuto, da artista di strada, ramingo per diversi mesi nell’Europa dell’Est, per poi tornare e decidere che la musica era quello che voleva fare.
Fabio, iniziamo dalla fine di questa storia: il talent “The voice of Italy”. Con che spirito stai vivendo questa esperienza e in cosa ti ha arricchito?
Innanzitutto la affronto con una grande tenacia, che è poi ciò che ho appreso nel corso della mia formazione artistica, quindi anche umana. Cerco di raccogliere il meglio, per potermi migliorare e lo faccio con un approccio molto umile. Voglio imparare, ma senza strafare.
Chi ti conosce non può non notare il contrasto che c’è tra la tua natura, di spirito libero, e quella di un talent show…
Questo è stato il compromesso più duro di questa avventura. Sapevo che ci sarebbero state regole da rispettare, ma non sapevo quali. In un certo senso, è stato un salto nel vuoto, ma del resto non più duro di altri che ho fatto in passato. In ogni caso, sono riuscito ad adattarmi e ora vivo con maggiore serenità anche questo aspetto.
Finita l’Università, hai deciso di viaggiare nell’Europa dell’Est e in questa dimensione on the road è arrivata l’illuminazione: non la laurea, ma la musica era la tua strada. E’ stato un viaggio di formazione artistica. Anche umana?
Sicuramente. Ho acquistato il biglietto d’aereo in un giorno grigio, un di quei giorni in cui fai qualcosa che sembrerebbe non avere senso. Sono partito senza riferimenti, vivendo alla giornata.
Nell’Est Europa ho scoperto un mondo nuovo, fatto di semplicità. In una simile avventura puoi essere respinto o accolto. Fortunatamente ho vissuto uno straordinario spaccato di esistenza, a contatto con gli artisti di strada, suonando lungo le rive dei fiumi e imparando a dare il meglio ogni giorno. Sembra banale, ma qui ho capito cosa volessi fare.
Nel dietro le quinte di “The voice of Italy”, hai intonato, a cappella, con tuo padre Elio, che del gruppo fa parte, un pezzo dei Cantannu Cuntu, facendo vibrare molti cuori acresi. Quanto è stata importante la sua figura nel tuo cammino artistico?
Tantissimo, ma non tanto dal punto di vista tecnico, ma per il mio spirito romantico, nello sviluppo della mia sensibilità. Da mio padre ho imparato a meravigliarmi davanti alle più semplici manifestazioni della natura. E questo non ha prezzo.
In tv, nel sottolineare la tua provenienza, hai fatto gonfiare il petto degli acresi. Cosa ti porti dietro della tua terra?
Acri ha forgiato il mio animo guerriero, perché in quello che facevo non avevo sostegno. Del resto, è un destino comune a tanti giovani che vivono in Calabria.
Ma, al di là di questo, quella di Acri è gente buona, nel senso letterale del termine. Ho viaggiato tanto, ma non ho mai incontrato gente buona come quella della mia città.
Acri ce l’ho dentro, fa parte del mio essere e non potrei farne a meno. Ancora oggi, per fare un esempio, di tanto in tanto verso sulla mano una goccia di dopobarba Mennen, solo per ricordare, attraverso un’essenza, i sabati mattina della mia infanzia, con mio zio che si radeva ed emanava questo forte profumo che invadeva tutti gli ambienti domestici. Ecco, Acri mi accompagna attraverso la rielaborazione di un vissuto che rappresenta la mia intima essenza.

Piero Cirino
Da “Il Quotidiano del Sud” del 14-04-2015